Rimanendo all’attualità economico-finanziaria, oggi sono attesi alcuni importanti indicatori, quali gli indici PMI manufatturieri, che misurano il “sentiment” dei direttori acquisti delle aziende, in diversi Paesi sparsi qua e là per il mondo (Giappone, Germania, Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, più altri Paesi dell’Eurozona), a cui seguiranno, nella giornata di mercoledì, i verbali dell’ultima riunione della FED. Quello di oggi, quindi, sarà un test significativo per capire le condizioni in cui versa l’economia globale, in particolar modo in Europa e negli Stati Uniti.
La “narrazione” oramai è nota. L’inflazione è destinata a calare, al di là dei rialzi messi in atto e, soprattutto, di là da venire da parte delle Banche Centrali, aiutata dal calo delle materie prime, in primis da quelle energetiche.La recessione non ci sarà o, mal che vada, sarà alquanto marginale. Le Banche Centrali, invece, dovrebbero continuare “imperterrite” sulla strada del rigore, con i mercati che oramai scontano 3 rialzi da 0,25% ognuno da parte della FED (per questo sarà importante capire cosa diranno i verbali della FED), mentre la BCE potrebbe decidere un nuovo “salto” dello 0,50%, pe poi vedere “l’effetto che fa”.
Rispetto a quanto sopra, gli osservatori danno per certo l’ulteriore inasprimento dei tassi. Evento che, peraltro, non sembra particolarmente disturbare i mercati, che evidentemente ritengono l’economia molto “resiliente” e con uno “sguardo” che va oltre l’osservazione dei prossimi mesi. Infatti, comunque vada, si pensa che già entro l’anno dovremmo assistere ad un ripiegamento della “curva”, con i tassi che dovrebbero invertire la rotta. Come detto, la recessione dovrebbe essere un rischio “scansato”, e anche laddove dovesse presentare “il conto”, sarà di modesta portata e comunque quasi “indotto” dalla volontà delle Banche Centrali (o meglio, dalla Banca Centrale americana, che sembra maggiormente in grado di “pilotare” l’economia della sua omologa europea, abituata ad “inseguire” le scelte altrui).
E’ vero che le materie prime negli ultimi mesi hanno lasciato sul terreno gran parte degli aumenti dell’ultimo anno-anno e mezzo (clamoroso quello del gas naturale europeo, passato dai 350 e passa € di agosto 22 agli attuali 49, cioè circa il 30% in meno rispetto ai prezzi del febbraio scorso, data di inizio del conflitto), ma è anche vero che nelle ultime settimane molte hanno “rialzato la testa”. Il rame, per es, è vero che oggi è sotto di circa il 6,5% rispetto ad 1 anno fa, ma nelle ultime settimane ha recuperato il 7% circa. Da inizio anno, il ferro ha recuperato il 13% e l’acciaio addirittura il 20%. Un po’ diverso quanto sta succedendo alla carta, il rialzo di circa il 30% rispetto ad 1 anno fa, ma in diminuzione del 3% da inizio anno.
Strettamente collegato ai prezzi delle materie prime, come ovvio, è l’andamento dell’inflazione. Le ultime rilevazioni, per quanto confermino la sua discesa, lasciano intravedere una maggiore resistenza, con i prezzi che, in alcuni casi, mese su mese sono aumentati (come è successo negli Usa, dove i prezzi al consumo di gennaio sono risultati maggiori rispetto a dicembre). Ecco perché diventa sempre più insistente la percezione che se (l’inflazione) si dovesse fermare al 3 anziché al tanto “agognato” 2% (inflazione “target”) andrebbe comunque bene e nessuno si strapperebbe le vesti.
In sintesi, questi i motivi per cui i mercati, al di là di alcune pause (più che legittime, visto il ritmo dei rialzi, se non addirittura auspicate per evitare fasi di “surriscaldamento”), hanno imboccato la strada della fiducia. In fondo, questo è il loro ragionamento, gli utili non dovrebbero subire le tanto temute contrazioni; le aziende approfitteranno del timore di una recessione per limare ulteriormente i costi ed essere quindi più efficienti (da qui, per es, i licenziamenti nel settore tech statunitense). I tassi aumenteranno, è vero, ma oramai siamo nella parte finale degli aumenti.
Rimane la guerra, è vero, ma, come dimostra la giornata di ieri (visita di Biden a Zelensky e contemporaneo viaggio di Xi Jin Ping a Mosca per incontrare Putin), forse, al di là delle dichiarazioni di rito, qualcosa sul fronte della diplomazia si sta muovendo (pare che la Cina abbia predisposto una base di negoziato, da qui l’incontro tra i 2 leader).
Ieri mercati quasi privi di direzione, come spesso succede quando sono orfani di Wall Street (oggi regolarmente aperta), con le borse europee in ordine sparso (la più negativa Milano, con il Mib in calo dello 0,56%).
Questa mattina a Tokyo indice Nikkei appena negativo (– 0,21%), mentre Shanghai “replica”, dando ulteriori segnali di forza: dopo il + 2,4% (miglior seduta da novembre), questa mattina fa segnare un altro + 0,5%. Debole, invece, Hong Kong, con l’Hang Seng che scende dell’1,4% circa.
I futures sembrano indicare una giornata debole, con cali diffusi vicini allo 0,50%.
Petrolio ancora in crescita, con il WTI a $ 76,56, sulla parità questa mattina.
Gas naturale Usa a $ 2,219, – 2,64%.
Gas europeo a € 49,15 per megawattora.
Oro a $ 1.847, – 0,27%.
Spread in leggero rialzo, a 186,4 bp, con il BTP al 4,32%.
Bund intorno al 2,45%.
€/$ a 1,067, con l’€ in leggerissimo calo.
Bitcoin oramai vicino alla barriera dei $ 25.000 (24.964).
Ps: da oggi sentiremo nuovamente parlare di Francesco Moser, l’indimenticato campione di ciclismo, uno dei più forti corridori italiani. Infatti ITA, la nostra Compagnia di bandiera (non si sa ancora per quanto, viste le trattative in corso con Lufthansa) ha intitolato al fuoriclasse trentino una delle sue aeromobili, inaugurata ieri viaggiando da Roma a Palermo. Chissà che effetto gli farà salire, se mai succederà, su un aereo che porta il suo nome.